Chi sono gli Houthi e perché sono coinvolti nella guerra Israelo-Palestinese
L’attacco
alla petroliera norvegese, senza apparente connessione
con Israele, è solo uno degli obiettivi attaccati dai militanti yemeniti,
i quali, negli ultimi mesi, hanno minacciato di chiudere il Mar Rosso a tutte
le navi ricollegabili ad Israele in segno di sostegno alla popolazione
palestinese colpita negli scontri tra lo stato israeliano e l’ala armata del
partito palestinese Hamas presso la Striscia di Gaza. Dall’inizio degli scontri,
aerei statunitensi e britannici, congiuntamente alle navi di guerra americane,
hanno attaccato un totale di 28 siti militari houthi in tutto lo Yemen, ponendo
le basi per una guerra che tuttavia non riguarderà meramente le due potenze
occidentali ed il gruppo yemenita ma potrebbe estendersi fino alla Repubblica
Islamica d’Iran, storico e silente nemico degli USA e fedele sostenitore dei
movimenti/partiti attivi nel conflitto in corso nella Striscia di Gaza, tra i
quali gli Houthi.
Gli
Houthi, formalmente conosciuti come Ansar Allah (dall’arabo “Partigiani di Dio”),
nome adottato dal gruppo dal 2011 in occasione delle sommosse popolari che
hanno investito lo Yemen nel contesto della cosiddetta “primavera araba”, sono
un movimento politico-religioso nato negli anni Novanta, i cui componenti sono
principalmente di confessione zaydita.
Il
gruppo emerse nel governatorato di Sa'dah, sito nello Yemen settentrionale, sotto
il nome di “Gioventù credente”, il cui obiettivo dichiarato era la rinascita
dello zaydismo nel paese, la cui popolazione era a maggioranza sunnita, e
l’indipendenza delle terre del nord.
Sin
dalla nascita, il movimento assunse posizioni fermamente contrarie alla
fondazione dello Stato di Israele e all’influenza statunitense nella regione
mediorientale, soprattutto in seguito all’invasione americana in Iraq nel 2003.
È
importante notare che questi obiettivi sono soggetti a svariate interpretazioni
e possono mutare nel tempo, influenzati dalle dinamiche in evoluzione del
conflitto yemenita e dalla geopolitica regionale.
L’attività
politica houthi divenne più attiva all'inizio degli anni 2000, in particolare
nel 2004 in seguito alla morte del leader Hussein al-Houthi, acquisendo un
controllo significativo dei territori yemeniti, inclusa la capitale Sana'a, nel
periodo tra il 2014 e il 2015, dando vita all’attuale guerra civile yemenita.
Lo
scenario politico-militare ha visto l’intervento di una Coalizione
internazionale guidata dall’Arabia Saudita, intenta a ripristinare il governo
yemenita (riconosciuto a livello internazionale), e l’attività armata houthi
sovvenzionata dalla Repubblica Islamica dell’Iran, provocando forti critiche a
livello globale data le numerose violazioni dei diritti umani e la crisi
umanitaria nello Yemen, considerata una delle peggiori al mondo.
Il
movimento Houthi e le sue relazioni con le potenze regionali e globali si
collocano nel contesto più ampio della geopolitica mediorientale, delle
divisioni settarie e della lotta per il dominio regionale. La situazione rimane
fluida ed è soggetta a continui cambiamenti a causa della natura complessa del
conflitto yemenita e della diplomazia internazionale.
Attualmente
il conflitto nello Yemen rimane irrisolto, con negoziati in corso e periodi
intermittenti di intensificazione dell'azione militare.
Il
ruolo del movimento Houthi nella storia dello Yemen, e della regione
mediorientale in generale, è una parte cruciale delle recenti turbolenze del
paese e riflette dinamiche regionali più ampie, comprese le divisioni settarie,
le rivalità geopolitiche e l’impatto degli interventi esterni. Lo scontro
armato tra Israele e Hamas, la cui data d’inizio è databile ad un periodo
precedente all’ottobre 2023, ed in particolare al giorno 7, giorno dell’attacco
al kibbutz israeliano di Re’im da parte di miliziani di Hamas, rappresenterebbe
uno di questi casi.
L’intervento,
diretto o meno, del gruppo yemenita in tali scontri costituisce ad oggi uno
sviluppo insolito del conflitto, rappresentando una nuova sfida all’influenza
occidentale in Medio Oriente e all’esistenza dello Stato di Israele.
di Sara Scampini
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