Slogan politici e specializzazioni mediche: il prezzo dell'irresponsabilità
“Usare il bastone e la carota” è un modo di dire divenuto di uso comune in seguito ad un discorso del 1943 di Winston Churchill che, paragonando l’Italia ad un asino, aveva dichiarato che, per spingerla, alla resa bisognava agire su entrambe le estremità, con una carota e con un bastone («We shall continue to operate on the Italian donkey at both ends, with a carrot and with a stick»).
Prima degli anni ‘40 in inglese si usava solo un’altra espressione, “carrot on a stick", che però ha un significato ben diverso. Nella rappresentazione più comune: il bastone serve a reggere la carota e non a spronare l’animale. Fa riferimento alla carota appesa ad un bastone e fatta penzolare davanti agli occhi dell’asino che, per cercare di raggiungerla, continua a camminare non badando ad altro.
Provate a considerare perché, spesso, la maggior parte delle campagne politiche si basino su slogan semplici e poco logici, invece della deliberazione razionale data da un’attenta analisi dei problemi. Un esempio? L’abolizione del numero chiuso a Medicina.
Essa, in maniera quasi trasversale negli schieramenti politici, rappresenta la panacea di tutti i mali della sanità italiana. Per una campagna elettorale è effettivamente perfetta: è una soluzione immediata, di facile comprensione per chiunque, ma, soprattutto, riproduce uno slogan che, sulla scia della ricerca spasmodica dell’ode populistica, fa leva sull’intima voglia di rivalsa popolare verso quella classe medica da sempre dipinta come una casta chiusa, paternalistica e con privilegi. A Roma si direbbe che la “buttano in caciara”, in termini più “aulici” si potrebbe dire che spostano il focus verso la lotta di classe, sfruttandola come strumento di distrazione dall’errata programmazione sanitaria degli ultimi 20 anni, nel costante tentativo di mascherare il rifiuto, talvolta anche incapacità, di affrontare in maniera tecnico-analitica il problema.
Questo atteggiamento della politica moderna di chiudersi in semplificazioni eccessive, riguardo tematiche che richiederebbero soluzioni più sfumate e articolate, ha portato a risolvere l‘ormai famoso imbuto formativo e la mancanza di medici specializzati, in alcune branche in particolare, con un aumento indiscriminato del numero di borse di specializzazione senza un’effettiva programmazione e analisi critica delle reali esigenze del Paese. I dati sulle assegnazioni dei contratti del concorso di specializzazione del 2023 parlano chiaro: solo 11.688 candidati su 14.036 si sono visti assegnati uno dei 16.165 contratti di formazione (27,7%). La situazione è molto compromessa: 1 contratto statale su 4 non è stato assegnato (24,5%), così come la maggioranza dei contratti regionali (51,3%), la stragrande maggioranza dei contratti del SSN (78,1%).
Come si evince dal comunicato di ALS e ANAAO, il dato più preoccupante riguarda la scuola di specializzazione d’emergenza-urgenza dove i contratti non assegnati rappresentano il 76% dei posti sul bando (228 immatricolati su 945 borse bandite), in netto peggioramento rispetto al 2022 quando i contratti non assegnati ammontavano al 61%. “Sono stati banditi – si legge - 855 contratti statali di medicina di emergenza-urgenza con un finanziamento economico di € 109.440.000 per avere un quarto dei posti assegnati, e i dati storici degli scorsi concorsi ci dicono che il 20% di costoro abbandonerà durante gli anni di specializzazione. Pertanto, tra cinque anni avremo meno di due nuovi specialisti di medicina di emergenza per ogni provincia italiana (1 specialista MEU ogni 125.000 abitanti)”. Flessione che certifica ufficialmente “l’estinzione” della figura dello specialista in medicina d’emergenza. Non è un caso che pochi giorni fa il Governo, per far fronte all’emergenza, abbia aperto agli specializzandi la possibilità di lavorare otto ore settimanali in pronto soccorso.
Ci sono poi scuole che non hanno nemmeno uno specializzando assegnato: ben 44 scuole di Anatomia patologica, Patologia clinica e Microbiologia saranno senza nessun medico specializzando, non solo 127 hanno meno del 25% di specializzandi. Nulla di così inaspettato se si considera come le regioni appaltino sempre più al privato le prestazioni che dovrebbero spettare al SSN, e infatti se si guarda ai dati della tabella in figura, si può notare come le specializzazioni più richieste siano quelle che avrebbero maggiori possibilità nel mercato del lavoro privato che è più remunerativo e meno stancante. (Questo aspetto poi sarà approfondito in un altro articolo)
Per ALS e Anaao è la conferma che la scelta di aumentare indiscriminatamente tutte le tipologie di contratti utilizzando un algoritmo inefficiente senza una idonea programmazione e soprattutto senza una riforma della formazione medica non poteva che portare a queste conseguenze. Le associazioni chiedono di archiviare l’impianto formativo attuale con un contratto di formazione - lavoro istituendo i learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato nel CCNL con retribuzione e responsabilità crescenti. “Questa soluzione, infatti, non comporterebbe alcun aumento di spesa perché abolirebbe, non il numero chiuso, ma la figura dei gettonisti, visto che come solo in Lombardia si spendono 27 milioni di euro all’anno e soprattutto con centinaia di milioni di euro di contratti di formazione non assegnati che non si sa che fine facciano”.
In definitiva, la ricerca di soluzioni rapide e immediate, prive di lungimiranza e di una visione esente dal considerare l'effettiva necessità del settore sanitario, si è ripercossa sulla qualità delle prestazioni erogate dal SSN. Non mancano i medici, si sta assistendo al depauperamento delle giovani risorse umane che fuggono da una formazione medica inadeguata e dalla prospettiva di una professione pubblica che non è più così attrattiva come nei primi anni 2000. La parola chiave per il prossimo futuro è e sarà “programmazione”.
Vincenzo Pio Tetta
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